“Mi
chiamo Fabio Magnasciutti
e
sono nato a Roma nel 1966.
Sono
un illustratore e vivo di questo da circa 25 anni ma negli ultimi sei
o sette,
mi dedico massicciamente alla satira.
Ho
pubblicato numerosi libri con la casa editrice Lapis e con altri
editori
e
illustrato diverse campagne per le aziende SARAS, ENEL, API,
MONTEDISON e altre.
Tra
le mie collaborazioni figurano la Repubblica, l'Unità, il Fatto
Quotidiano, gli Altri, Linus, Left, il Manifesto
mentre ho curato
sigle e animazioni dei programmi "Che tempo che fa"
edizioni 2007 e successive e di "Pane quotidiano" (RAI 3).
Per
il programma AnnoZero edizione 2010-2011 e Servizio pubblico ho
realizzato alcune illustrazioni.
Insegno
illustrazione editoriale presso lo IED di Roma
e nel
2005 ho fondato la scuola di illustrazione Officina B5.
Dal
1986 faccio concerti con diverse band, dal 1993 col gruppo Her Pillow
(folk/rock), di cui sono fondatore.”
Quando
ti sei accorto di voler essere un artista?
Direi
immediatamente. Da quando ne ho memoria. Diversi problemi fisici,
durante l'infanzia, mi hanno lasciato molto tempo libero, trovando
compagnia in libri, fogli e colori.Probabilmente mi sono accorto di
preferire il mio mondo immaginario a quello che mi circondava.
Quali
sono i passaggi fondamentali della tua evoluzione artistica?
Difficile
dare una risposta. Credo di averli individuati in piccole
soddisfazioni personali, come constatare che ciò che stavo
disegnando si sovrapponeva a ciò che immaginavo, ed era
meraviglioso.
Poi
qualche riconoscimento, piccoli premi in piccoli concorsi per
bambini, lo sprone di alcune persone, gli occhi di chi guardava i
miei fogli.
Più
avanti, poi, l'osservazione, il formarsi di gusti personali, riguardo
a fumetti o opere d'arte. Trarre spunto da loro, copiare, cosa che
consiglio a tutti coloro che si affacciano a questo mondo. Non è
umiliante, è estremamente utile per inseguire uno stile personale.
Hai
dei modelli a cui ti sei ispirato e perché?
Da
piccolo i grandi classici: per la letteratura Calvino e, soprattutto,
Gianni Rodari, al quale credo di dovere la vita.
Per
il disegno mi sono nutrito di ogni tipo dì fumetto, da quelli
cosiddetti dozzinali (ma mai considerati tali) come Geppo, Tiramolla,
Cucciolo e Beppe, che hanno grandi firme alle spalle, passando per
Asterix e tutta la scuola belga/francese, per la Marvel e la DC e gli
immancabili fumetti di avventura: Zagor, il Comandante Mark, Blek
Macigno e tutti gli altri.
Chi
però ha avuto un effetto dirompente su di me è stato senz'altro
Benito Jacovitti. Lo amo e lo ringrazierò sempre per avermi dato un
po' del suo punto di vista disilluso e laterale.
Successivamente
il surrealismo, affascinante in modo così elementare, ma soprattutto
gran parte della produzione della Secessione. Schiele è il mio
artista preferito. Nel campo dell’illustrazione la lista sarebbe
lunghissima, su tutti cito Ferenc Pinter, un artista che ho amato e
saccheggiato
Cosa
pensi del mercato dell'arte, quali sono i limiti e quali le
potenzialità?
Sono
spiacente, non so proprio rispondere a questa domanda. Sono un
illustratore e lavoro su commissione. Solo di rado è capitato di
esporre degli originali.
Non
frequento questo mondo e ne ho notizie solo parziali da amici e
colleghi.
Qual
è l'opera tua o di altri a cui sei più legato e perché?
Ho
pubblicato moltissime illustrazioni e vignette, in 25 anni, dunque
non è semplice scegliere. Probabilmente l'uscita de Il vecchio e il
bambino (http://www.edizionilapis.it/it/libro.php?id=58), libro
illustrato sulla nota canzone di Guccini, è stato un passaggio molto
significativo.
Secondo
te si può vivere di arte in Italia?
Spesso
è difficile ma senz'altro possibile io lo faccio, con fortune
alterne ma ho sempre vissuto di questo: Inoltre insegno illustrazione
presso lo IED di Roma e nella piccola scuola fondata da me, Officina
B5.
In
qualche modo è anche questo vivere d'arte.
Nel
processo di crescita e nel tentativo di affermazione e diffusione del
proprio lavoro quali sono le difficoltà che, più spesso, incontra
un artista?
Credo
che cercare immediatamente un riscontro economico generi soprattutto
frustrazione, a discapito della creatività.
Certamente
è importante ma ritengo che si debba saper aspettare che la propria
opera rispetti degli standard qualitativi che solo l'esercizio, lo
studio e l'osservazione possono fornire.
Cosa
potrebbe essere migliorato nella comunicazione dell'arte?
Imparare
ed insegnare che non è materia superflua ma sostanziale, vitale.
Senza bellezza si può solo sopravvivere
Puoi
indicarci un pregio e un difetto della critica d'arte?
Non
ho le credenziali per farlo, Dovrei adottare dei
luoghi comuni che, in quanto tali, non sarebbero credibili
Cosa
vorresti che i lettori conoscessero di te e della tua arte?
Il
motivo per cui nasce, ciò che spinge una persona ad avere questa
urgenza, perché di urgenza si tratta. Quali sono gli stimoli, che
coinvolgono tutti i sensi. Osservazione, memoria, evocazione.
Infine,
che domanda vorresti che ti venisse rivolta durante un'intervista?
"Perché
lo fai?"
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